domenica 14 aprile 2013

Riflessioni sul discorso di Obama ai giovani israeliani (per la 3A)


Dopo aver letto attentamente il testo che segue e facendo riferimento a quanto studiato sia in Storia che in Geografia sulla questione Israelo-Palestinese, scrivi delle riflessioni personali per giovedì 18 aprile.


Durante la visita in Israele e nei Territori Occupati, il presidente Usa ha definito giusta e necessaria la pace. Perché Israele rimanga uno Stato ebraico serve che nasca una Palestina libera.

Se le parole potessero smuovere le montagne, non c’è dubbio che quelle proferite da Barack Obama nella sua prima visita presidenziale in Israele e nei Territori palestinesi rappresenterebbero una possente leva per rimuovere quella fatta di diffidenza, ostilità, assenza di coraggio politico, velleità espansionistiche e avidità di potere che ostruisce il cammino di pace israelo-palestinese.
Di certo, il “discorso delle verità” pronunciato dal capo di Stato Usa davanti a 3 mila giovani israeliani assiepati nel Jerusalem Convention Center è uno dei più alti tra quelli della sua presidenza. Alto perché politicamente non reticente e percorso da un concetto di fondo che ha una valenza storico-politica dirompente.
La pace, rimarca Obama, non è una concessione, per quanto nobile, che Israele fa ai palestinesi. È ben altra cosa: è l’unico modo che Israele ha per preservare i due pilastri su cui si basano la sua identità nazionale e i suoi caratteri statuali: il pilastro della democrazia e quello dell’ebraicità.
La pace è giusta, dice ancora Obama, introducendo nell’arena politica il principio di “giustizia”. “Mettetevi nei loro panni - afferma il presidente rivolto ai giovani israeliani - guardate il mondo attraverso i loro occhi: non è giusto che una bambina palestinese non possa crescere in un proprio Stato e debba convivere con un esercito straniero che ogni singolo giorno controlla i movimenti dei suoi genitori”.
E ancora: “Non è giusto che la violenza dei coloni contro i palestinesi rimanga impunita. Non è giusto impedire ai palestinesi di coltivare le proprie terre; limitare la possibilità di uno studente di spostarsi all’interno della Cisgiordania, o allontanare le famiglie palestinesi dalle loro case. La risposta non sta nell’occupazione, né nell’espulsione. Così come gli israeliani hanno costruito un loro Stato nella loro patria, i palestinesi hanno il diritto di essere un popolo libero nella propria terra”.
Obama sa bene che la traduzione di queste affermazioni in strategia politica si scontra con un governo israeliano dove pesa la destra nazionalista, laica ma non per questo meglio disposta ad ascoltare le ragioni dell’altro da sé.
Le parole, certo, non fermano da sole le ruspe israeliane, che danno attuazione ai piani di colonizzazione portati avanti da Israele (nel 2012, il 17% in più di insediamenti, record dal 1967). Le parole, certo, non riaccendono da sole la speranza tra la gente palestinese che, non poteva essere altrimenti, ha accolto con freddezza la visita del presidente americano.

La pace ha bisogno di atti concreti, sia pur non risolutivi; di accordi interinali capaci, quanto meno, di rendere meno soffocante la quotidianità di centinaia di migliaia di palestinesi. La pace ha bisogno di ponti di dialogo e non di “muri” di oppressione (o di bus "segregazionisti”).
Tuttavia, le parole hanno un loro peso. Soprattutto quando raccontano la verità storica; quando mettono popoli e leadership di fronte alle loro responsabilità. Senza sconti.

In questo, le parole di Barack Obama escono dalla cronaca per entrare nella storia.

Adatt. da http://temi.repubblica.it/limes/da-obama-il-discorso-della-verita-su-israele-e-palestina/43859

4 commenti:

  1. Io penso che Barack Obama abbia ragione a voler rimuovere la guerra e ricostruire la pace fra i popoli.Ritengo molto ingiusto e sbagliato che una bambina debba crescere vedendo tutte le crudeltà del mondo esterno. Una bambina non deve crescere nella sua infanzia fra i rumori dei carri armati e dei missili che bombardano le città , ma deve vedere le cose belle della vita!
    Per una bimba vedere ogni giorno moltissimi morti davanti ai suoi occhi, vedere che i poliziotti tengono d'occhio ogni loro singolo passo , non vedere più un'amica perché morta, credo che creino molti problemi psicologici all'individuo! Poi , come dice Obama , è ingiusto che tutte le disgrazie che vengono fatte verso i palestinesi non vengano mai punite.Non sarebbe giusto essere cacciati dalla propria terra o addirittura dalla propria casa!
    In questi paesi si avrebbe bisogno di atti concreti, che ovviamente non riusciranno ad eliminare la guerra, ma almeno allietare la vita di migliaia di persone, che hanno una vita oppressa!

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  3. Sono pienamente d'accordo con Obama, e, anche io, come lui, mi chiedo il perchè solo nei confronti dei palestinesi questi atti disumani non vengono puniti... Non invidio affatto la gente Palestinese, dato che vivono sotto bombardamento ogni giorno, e non possono godersi le cose belle della vita, per non parlare poi dei bambini, che vivono un infanzia chiusa in solitudine, senza alcun amico con cui parlare, perchè uscire di casa, a quel punto, sarebbe una follia.
    Nonostante Obama cerchi un modo per rimuovere la guerra, e far sì che la pace regni, non credo che ci potrà mai riuscire, dato che l'ignoranza umana supera anche dei limiti inaccettabili.
    Come dice un vecchio proverbio, ''Non cambieremo mai questo mondo se prima non cambiamo noi'' .

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  4. Io credo che Obama abbia ragine. Come lui dice,gli israeliani dovrebbero forse iniziare a guardare il mondo con gli stessi occhi che lo guardano i palestinesi perchè non è bello che ognuno di loro non possa sentirsi nella propria patria.E' da più di 60 anni che Israele occupa i territori con guerre o con semplice occupazioni, penso che si è dimostrato uno degli stati più aggressivi d'oggi e non è molto a favore dell'intervento dell'ONU.Il problema israelo-palestinese va risolto. Non credo ci sia altro da fare.Per farlo dovranno da un lato smetterla di seguire le follie dei vari gruppi terroristici e dall'altra finirla con la vendetta,perchè così non se ne uscirà mai.

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